Archivi del mese: agosto 2013

Sleepless night

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Living Multipaesan free

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Ancora pochi giorni di libertà prima del rientro nell’odiato gabbio, assaporo e centellino ogni minuto, ogni istante.
Mi sento la Paris Hilton de noiartri, ovvero sto sperimentando quell’indescrivibile sensazione che un/a Povero/a Diavolo/a può solo immaginare o fantasticare per quasi tutta la vita: quella, impagabile, di non avere bisogno di lavorare per vivere. Sono, e con orgoglio, la Regina del Cazzeggio. Ho zittito la sveglia, vivo assecondando i ritmi ed i bisogni del mio corpo, come un animale, senza regole, soprattutto rifuggendo dall’obbligo di fare cose dal contenuto utilitaristico-produttivo se non ne sento la voglia, che di quello ci campo tutto l’anno.
E’ la cosa che più assomiglia alla libertà assoluta dopo, suppongo, essere riusciti a fuggire da un campo di lavoro nordcoreano. Purtroppo non dura che poche settimane all’anno.
Uff, si lo so, c’è un sacco di gente che se lo sogna un lavoro, o è sfruttato, sottopagato, ed in tutta onestà questo io non lo posso recriminare alla mia aguzzina Multipaesana, però nemmeno vorrei mettermi a gareggiare nelle Olimpiadi della Sfiga anche anche perché con questi chiari di luna nessuna Multipaesana è per sempre. Tantomeno è per sempre la carriera (carriera?) di una Povera Diavola di Multipaesana senza santi in paradiso e con un Raccomandato De Luxe in arrivo.

Bene: come per tutti gli anni già dai tempi della scuola per me il 2013 si chiude qui, precisamente con la marchetta che farò tra le 8:30 e le 9:00 di lunedi 26 agosto. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato.
E come sempre, sin dai tempi della scuola, si sprecano i buoni propositi per l’anno nuovo stante le vacanze estive ancora in corso e che conduco all’insegna di un basso profilo.
Stando alle statistiche dei quotidiani sarei una dei sei italiani su dieci che non si è mosso da casa, brava formichina previdente in attesa di capire e vedere che aria tirerà in quest’autunno che si preannuncia piuttosto caldo, e non intendo meteorologicamente parlando. Quei buoni propositi che la stragrande maggioranza delle persone fa in calzettoni di lana e con un plaid sulle ginocchia davanti a una fetta di panettone, perché a loro il calendario dice che il 2014 comincerà dal primo di gennaio.
Per me la fine dell’estate ed il rientro al gabbio Multipaesano si portano via tutto di un anno, il bello e il brutto, anche se, tecnicamente, l’estate durerà ancora almeno, e me lo auguro, un altro mesetto.
Anzi, non fosse che queste giornate ancora lunghe e calde ma dalle temperature finalmente gradevoli rappresentano l’inizio di quel lungo, interminabile, desolato, deprimente tunnel buio che è per me l’inverno lombardo veneto, potrei anche affermare che questo è il periodo dell’anno che preferisco in assoluto. Perlomeno a questa latitudine e longitudine ed anche se il collare Multipaesano comincerà a starmi stretto e a soffocarmi già alle 10:00 di lunedì 26 agosto.

Come sempre il business plan redatto per darsi una chance di sopravvivenza sino al disgelo, e cioè orientativamente fino a maggio inoltrato, per quanto alla fine risulti sempre e comunque spropositatamente ambizioso, deve tenere necessariamente conto del fatto che:
1) circa 9,30 H al giorno se ne vanno tra andata in Multipaesana, marchettone di otto ore con pausa di 30 min. e ritorno da Multipaesana,
2) come al ritorno da una missione nello spazio il rientro quotidiano da Multipaesana richiede un certo tempo di decompressione, per non dire quarantena emotiva e socio-psicologica, stimabile in 30/40 minuti di orologio.
2) il budget è limitato,
3) realisticamente, le energie sono altrettanto limitate,
3) almeno una volta a settimana, ma meglio due, al tennis non si può rinunciare, non fosse che questa è una di quelle (poche) attività alle quali mi dedico con una costanza della quale ancora mi sfuggono le ragioni,
4) la ridente cittadina italica che mi ha dato i natali e nella quale tuttora risiedo, italica e perciò molti erroneamente sarebbero portati a credere mediterranea, non è esattamente una metropoli tentacolare dalla vita frenetica, tantomeno mediterranea, anzi dai primi di novembre sino alla tarda primavera ricorda piuttosto Vorkuta. http://en.wikipedia.org/wiki/Vorkuta

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Vorkuta col coprifuoco però. Qui alle 19:00 mediamente la gente ha già cenato (davanti alla televisione), e le uniche forme di vita e socializzazione, se si esclude la forzata transumanza motorizzata della mattina e del rientro serale dal lavoro, sono riscontrabili ed hanno luogo nei centri commerciali nei fine settimana.
Alle 19:30 quando chiude l’ultimo negozio il cosiddetto centro si spopola.
Il centro è la solita via pedonale dello struscio della mia giovinezza, ora assediata da mutandifici e altre perle del franchising italico e spagnolo, tutta gente punibile per crimini contro l’umanità per la preferenza accordata a polietilene fuso e filato e all’amianto ritorto. Le fibre naturali, queste sconosciute. Letteralmente, dicevo, non c’è più anima viva in giro.
Ne consegue, si può ben comprendere, che in questa Sodoma e Gomorra a nord del Po l’offerta di attività cultural-sportive-ricreative-socializzanti sia piuttosto limitata per i dopo-lavoristi se non si considerano le funzioni vespertine.

Pertanto il mio business plan prevede:
Area benessere fisico-psichico

Continuare la pratica del tennis almeno una volta a settimana, alquanto auspicabile l’introduzione di un corso di stretching o pilates o ginnastica posturale/vertebrale: da valutare, ma solo per una bieca questione economica se no non avrei alcun dubbio, se opportuna l’iscrizione alla solita palestra dotata di centro benessere nel quale marcire nei sabati e domeniche in cui fuori infuria la bufera di neve o cala il nebbione padano.
In alternativa o a completamento di quanto sopra continuare con le camminate del sabato e della domenica mattina, ottime per la circolazione, l’ossigenazione dei tessuti, l’umore e, soprattutto, ottime in quanto a costo zero.
Per quanto riguarda il benessere psichico molto più difficile fare previsioni e/o valutazioni: oltre alle questioni strettamente personali, di non poco conto, saranno ovviamente determinanti l’andazzo e le lune Multipaesane, il rapporto con Raccomandato De Luxe e quanto brava sarò a tenere a bada la linguaccia biforcuta, cioè a non lasciarmi sfuggire opinioni, osservazioni, commenti, battute. Diventare un’algida impassibile statua di ghiaccio, è questo l’obbiettivo. Farmi scivolare tutto addosso, con distacco.
Possibilità successo area benessere fisico: 8/9
Possibilità successo area benessere psichico: media 5. Pessime a gennaio e febbraio, discrete/buone da maggio a fine ottobre: 7/8

Area miglioramento continuo

Io “area miglioramento continuo” non l’avrei mai potuto formulare/concepire, mi rendo perciò conto di come abbia pesantemente risentito il martellamento assiendale degli ultimi anni con tutte le sue stronzate sulla Qualità, gli indicatori di performance etc. etc., robaccia spacciata per testi sacri da farneticanti predicatori che trovano terreno assai fertile nelle Multipaesane dalla genesi recente.
Comunque sia, area alquanto vasta e con implicazioni in diversi campi, ma anche area nella quale le possibilità di successo sono piuttosto scarse, mi conosco troppo bene.
Sforzarsi ogni giorno di fare qualcosa per tenere pulita ed ordinata casa (qualunque ed ovunque essa sia e sarà, nel breve e medio periodo) in modo da non arrivare nei fine settimana ad essere sepolta da tonnellata di carta da riciclo, roba da lavare e Acari giganti mutati geneticamente dalla mia riluttanza all’uso dell’aspirapolvere.
Lo stesso sforzo sarebbe richiesto per la cura e manutenzione del guardaroba, per non ritrovarmi ad acquistare l’undicesima camicia bianca solo perché le altre dieci sono nel cesto in attesa di essere stirate dalla vigilia di Natale.
Per non incappare il giorno di ferragosto nel cardigan di cachemire nero cercato invano per tutto l’autunno-inverno, per non deludere uno dei pochi miti viventi, Nina Garcia, della quale ambirei essere una buona discepola, non fossi troppo pigra e disorganizzata per mettere in pratica i suoi preziosi insegnamenti.
Perché quanto spendo in abbigliamento-accessori-calzature, anche se l’importo preso singolarmente non è mai né cospicuo né rilevante, consentirebbe comunque in un anno di fare altre cose, ad es. diversi rigeneranti viaggetti o gite fuori porta, o di risparmiare un discreto gruzzolo. Perché non ho più l’età né il fisico per fare la barbona, perché dall’epoca del passaggio a Multipaesana i vertici aziendali non disdegnano, anzi sembrano apprezzare, un look più curato e professionale, ed anche la mia attività Multipaesana, ruolo ed immagine professionale (…) se ne gioverebbero.
Sarebbe perciò fondamentale, come fanno Quelle Vere, scegliere e studiare mise ed abbinamenti la sera precedente ciascun giorno lavorativo, con senno e con calma, e non la mattina alle sette e mezza con luce scarsa, ancora mezza tramortita di sonno e con l’angoscia Multipaesana addosso. Altrettanto importante sarebbe riporre ordinatamente dopo l’uso ogni capo indossato che non debba essere subito lavato, e non lasciarlo in giro per casa per tre settimane a prendere polvere e a sgualcirsi. Effettuare regolari sessioni di stiro almeno ogni due settimane.
Acquistare solo cose che mi stanno bene e che userò davvero, more is less. Pertanto astenersi dallo shopping compulsivo specie se in catene low cost, raramente porta qualcosa di buono.
Pianificare con cura ed effettuare più spesso, e quindi comprando meno roba, lo shopping alimentare, altrettanto insidioso e pericoloso quanto quello di generi voluttuari.
Primo per ragioni salutistiche e di linea. Non cedere a dolciumi e a poco salubri leccornie di vario tipo: non sarò mai la persona che si sa regolare e che sbocconcella un quadratino di cioccolato per sera. Secondo per una questione squisitamente etica: è profondamente immorale e da stupidi dovere buttare via un sacco di cibarie, specie verdura e frutta fresca comprata in eccesso.
È anche oneroso in termini energetici per via del necessario smaltimento dell’organico. Non ultimo, anzi questo sarebbe il motivo principale, è denaro sprecato e buttato, nemmeno poco.
Possibilità di successo di tutto ciò: 5 (escluso il punto limitante gli acquisti alimentari per il quale il punteggio schizza ad un incredibile 8/9. Wow).

Area socio-culturale

Impegnarsi a coltivare le scarse relazione sociali esistenti, o quantomeno a non rifuggerle come portatrici d’ebola. Ciò presuppone e richiede doti di pazienza, capacità di ascolto, disponibilità a scendere a sani compromessi, abbandono dell’intolleranza e di taluni pregiudizi. Il ritorno è sempre garantito ma per fare ciò bisogna superare il quasi patologico cocooning nel quale mi rifugio nei nove mesi invernali e che ha anch’esso origine in una grave forma di pigrizia fisica e mentale e nella repulsione che provo per questa città grigia e cinerea per troppi mesi all’anno.
Recuperare ove possibile anche alcune di quelle relazioni che gli anni ed i casi o scelte della vita hanno allontanato ma delle quali rimane il ricordo o la nostalgia: senza aspettative, consapevoli che il passato, quello bello, non ritorna.
Tendenzialmente opportuno ed auspicabile sarebbe allargare il giro delle conoscenze/amicizie, cosa che fino a pochi anni mi fa veniva naturale qualsiasi cosa facessi e ovunque fossi: succedeva senza forzature e senza difficoltà, persino in questa città colonia di sociopatici della quale sono una degna rappresentante, ma mi sa che i tempi sono cambiati.
A tal fine, e non solo per questo obbiettivo, programmare di tanto in tanto dei fine settimana o ponti in località non necessariamente lontane o al fuori dall’Italia, però alcune puntate sí, specie sulla direttrice sud ovest; è quasi certo che il cambio d’aria, di visuale, di idioma, colori e di sapori non potrà che contribuire al benessere psichico fisico e a sostenermi, a darmi spunti, idee, slancio, vitalità. A rientrare meno depressa in Multipaesana.
Andare al cinema con una certa frequenza, che almeno due sale con una programmazione degna di questo nome ce le abbiamo anche a Vorkuta, ed io adoro il cinema.
Non disdegnare il teatro qualora comparisse qualcosa d’interessante, valutare nel caso incursioni e brevi trasferte in altre città.
Punto più alto di quest’area sarebbe riprendere lo studio di quell’idioma indoeuropeo poi abbandonato ma per il quale ho comunque versato lacrime sudore e sangue, nonché un certo numero di assegni, prima di arrendermi. L’obbiettivo sarebbe conseguire una certificazione B1, ma molto meglio B2, giusto da schiaffare nel cv. Non credo possa cambiarmi la vita, ma è anche vero che si tratta della lingua di uno dei paesi BRICS, della serie impara l’arte e mettila da parte.
Questi si stanno comprando l’Italia a pezzi, l’Italia più bella e da cartolina, quindi ragionevolmente non credo arriveranno mai ad acquistare case e terreni a Vorkuta, detenendo già loro l’originale. A meno che non vengano ad investire in Multipaesane è più verosimile che siano Multipaesane locali, compresa la bene amata, a valutare investimenti nei loro sconfinati territori.
Che Dio ed i concittadini mi perdonino per le conseguenze logiche dell’affermazione … si stanno comprando l’Italia, l’Italia più bella e da cartolina, quindi ragionevolmente non verranno mai a far man bassa di immobili qui. Ovvero, questo posto è per lo più un cesso.
Probabilità di successo area sociale: 6
Probabilità di successo area culturale: da 6 a 7 (eventualmente ripiegando su idioma neolatino).
Probabilità di venire malmenata per la strada da concittadini qualora riconosciuta/identificata: 10.

Questi i miei propositi per il 2014: tutto quanto fermo restando ciò che di solito ma erroneamente do per scontato, ovvero di continuare a godere di un’invidiabile salute, cosa per la quale non dimentico mai di ringraziare tutti gli dei dell’universo.

Buon Anno!

Incubi da rientro al gabbio:

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Tipetti Ultimi Saldi Estivi

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11 agosto 2013 · 13:51

Feria d’agosto e Multipaesana, osservazioni e riflessioni sconnesse

Il paesaggio di Bernascate con Casnate o Tepossino sul Minchio, sede della nostra ipotetica famigerata Multipaesana, come qualsiasi altro posto ad alta concentrazione Multipaesana, e cioè per definizione la vasta, monotona ed un tempo laboriosa pianura del Lombardo Veneto, è caratterizzato e costellato da (zoom dall’alto):

Centri commerciali di ogni forma, colore e dimensione nonché di varia ispirazione e stile architettonico: si va come niente dal corinzio al Bauhaus, dal Caesar Palace di Las Vegas al finto bucolico del casale tosco-marchigiano.
Unico comun denominatore il quasi scontato devastante impatto ambientale e l’effetto di ottundimento dei sensi e delle coscienze sulle tribù autoctone che con gli anni ed il regredire della civilizzazione sono diventate assidue frequentatrici di questi posti.
Strani esseri motorizzati, adoratori di feticci quali luci al neon, scalinate in marmo con ottoni, fontane con putti, sushi bar a 8 euri, tristissimi aperitivi dalla prolificante carica batterica, tessuti sintetici infiammabili e Spendi di Più e Paghi di meno Cards.
In questi mausolei o templi senza arte e senza storia il rito si compie preferibilmente in coppia o con famiglia al seguito di sabato o domenica pomeriggio o in prossimità delle feste comandate. Il capo clan o l’officiante cerimoniere si riconoscono perché spingono un carrello pieno.

Rotonde. Decine, centinaia di rotonde che spuntano dal niente in un battibaleno e che pure portano dal nulla al niente, tutt’al più ad un’altra rotonda. Rotonde fatte solo per girarci intorno e per farti incazzare (e per mandare in tilt il navigatore nel novantacinque per cento dei casi).
Nella nebbia ideali per perdere del tutto l’orientamento e spedirti dritto in un fosso a testa in giù, tra le pantegane e una lavatrice arrugginita scaricata col favore delle tenebre dal solito brav’uomo padre di famiglia.

Addensamenti, nugoli di villette a schiera in pietra viva e compensato, o in cartone 18 mm e travi a vista, agglomerati magari non censiti al catasto ma comunque rilevabili dal satellite grazie alla sobria e ragionata scelta del colore degli esterni da parte del geometra incaricato. Giallo canarino e rosa corallo in perfetta sintonia con l’esplosione di colori tropicali e la natura lussureggiante che notoriamente caratterizza questi luoghi, ma anche azzurro mare di Santorini o verde brillante e violetti come le casette in legno di certe isolette del Nord.
Per non parlare delle architetture, vedasi il punto sui centri commerciali.
Pollai dai nomi altisonanti ed altezzosi come ‘residence Maria Adelaide’ o ‘le Cascine del Parco’ affibbiati per farti dimenticare il posto di merda dove sei finito, il pirla che sei stato a finirci, e che ti piove in casa dopo meno di due anni dal rogito. Ben quarantanove metri quadrati su due piani, ma con i sanitari sospesi eh, che oggigiorno se non la fai sospeso non sei nessuno.

Superstrade ed interstrade tracciate a matita e righello, nastri d’asfalto – rovente e liquefatto d’estate, d’inverno perfidamente ghiacciato – che si incrociano, affiancano, rincorrono.
Cartelli, indicazioni, segnalazioni, cartelloni pubblicitari a non finire.
Tra la sagoma imponente di un centro commerciale e qualche capannone malconcio si intravedono lunghi pezzi di autostrada dove sfrecciano TIR a 150 km all’ora. Per poco ancora, fra poche ore scatta il blocco del traffico per i mezzi pesanti.

Capannoni, stabilimenti, impianti, cantieri, ancora capannoni, aziende, aziendine, poli industriali, discariche.

Concludendo: Paesini e paesucoli insignificanti che si mischiano, alternano o avvicendano a detti centri commerciali, addensamenti di villette a schiera, rotonde, strade e superstrade, capannoni ed aziende. Il tutto alla cazzo e senza un senso, senza un progetto, un’idea di fondo su come valorizzare o quantomeno non abbruttire un territorio che già di suo, bisogna riconoscerlo, ha poco da offrire.

Descrizione lunghetta, ma necessaria per comprendere il contesto Multipaesano e l’umore di chi ogni giorno, cinque giorni alla settimana, dieci mesi e mezzo all’anno, e per quarant’anni circa percorre o percorrerà queste strade ed autostrade per ingabbiarsi come un sorcio nella Multipaesana di riferimento almeno otto ore al giorno. Anche in questo venerdì di agosto prima della chiusura estiva.
Infatti anche se ogni Multipaesana degna di questo nome deve la propria sopravvivenza esclusivamente ai mercati e clienti esteri che se ne fregano del ferragosto, a tutt’oggi non se ne trova una che possa rinunciare ad almeno due settimane di chiusura nell’ottavo mese dell’anno.

Adesso stringiamo lo zoom e la inquadriamo finalmente, eccola li, ecco la nostra Multipaesana che si annida e mimetizza nel superbo scenario sopra descritto. Possiamo vedere le macchinine dei dipendenti diligentemente parcheggiate, il giardinetto con l’erba riarsa dal solleone, le palazzine degli uffici, lo stabilimento.
Si distingue persino qualche omino indaffarato che va e che viene, sembrano omini dei Lego, un camion che esce dal cancello, un altro che aspetta il suo turno fuori.
Adesso da guardoni quali siamo scoperchiamo idealmente il tetto della nostra amata quanto ipotetica palazzina uffici di Multipaesana, tanto il prossimo uragano estivo probabilmente farà lo stesso e lo farà sul serio vista la pregevole fattura che vanta il complesso, e cosa vediamo?

Vediamo uffici stranamente vuoti, silenziosi, scrivanie insolitamente sgombre ed ordinate, telefoni muti. Gli ultimi superstiti si affannano a lasciare le consegne o memorie testamentarie ai colleghi che rientreranno prima, annaffiano le piante, svuotano e ripuliscono un po’ di cassetti.
Il clima è insolitamente sereno, pacato, quasi amichevole, l’aria leggera: si scherza, si ride, si cazzeggia, tutti con gli occhi rivolti al grande orologio a muro. Alle cinque in punto scatta il coprifuoco.
In verità ogni piccolo nostro eroico lavoratore in cuor suo è dal sette di gennaio che non vede l’ora di pigiare sull’acceleratore e di sgommare ancora via, di fare perdere le proprie tracce, ed è solo grazie a questa prospettiva o illusione di libertà a tempo determinato che oggi si sprecano sorrisi e battute dove di solito volano coltelli. Così, senza neanche bisogno di fingere, impensabile anche solo fino all’altro ieri.
Ai primi di settembre capiremo o ci ricorderemo che a renderci quasi accettabili i soliti soggetti non poteva che essere il pensiero di non vedersi più per due settimane, solo questo e nulla più di questo. A metà dello stesso mese il carico di tensioni e gli scazzi avranno già raggiunto il livello record, dimenticati i buoni propositi di diventare una persona migliore, di soprassedere, di farsi scivolare le cose addosso con la saggezza ed il distacco di un monaco buddista.
La verità è che per mantenere un minimo di sanità mentale in una Multipaesana, sanità individuale e collettiva, bisognerebbe chiudere la baracca per due settimane ogni due settimane, però guarda un po’, nessuno Fido Condottiero la vuole capire.
Questo desiderio per non dire urgenza di fare perdere le tracce, di ritrovare finalmente se stessi anche se per così poco tempo, facendo già mentalmente il count down al Natale per darsi coraggio, è un sentimento comune e riemerge ogni anno in agosto senza distinzioni di casta, per una volta Poveri Diavoli e Raccomandati e Imboscati di primo, secondo e terzo grado allo stesso livello, sentendo e pensando per lo più le stesse cose.
E cioè che fondamentalmente il detto che il lavoro nobiliti l’uomo è una stronzata colossale, salvo rare e fortunate eccezioni: che avere tempo per curare i propri interessi ed hobbies, gli amici e la famiglia è una fortuna impagabile, che il poter scegliere il posto e le persone con le quali spendere le proprie giornate è l’unica vera e grande ricchezza, che il prostituire l’anima ogni giorno è degradante e faticoso tanto quanto prostituire il proprio corpo, e lo facciamo tutti.
L’unico dramma di una vita senza lavoro, perlomeno il lavoro in una Multipaesana, sono la luce ed il gas che vengono staccati, dire addio alla casa, all’Ipad e al gelato al pistacchio, poi i morsi della fame, prima quella che fa dimagrire, poi quella vera sinonimo di miseria nera.
Ma se facendo solo quello che pare e piace e che interessa queste privazioni si potessero evitare la vita sarebbe davvero una figata. Esempi: leggere libri ad oltranza e sfiancarsi di film per cinque giorni di fila in un ottobre piovoso, un lungo weekend al mare ma fuori stagione, poltrire a letto la mattina d’inverno invece di bestemmiare per far partire la macchina per poi infilarsi nel traffico isterico che si trova solo da queste parti.
E comunque io sono convinta che la stratificazione di certe visioni paesaggistiche, l’esposizione continua a talune brutture o all’insipienza assoluta dei luoghi in cui si vive o si lavora contribuiscano a modificare o influenzare la forma mentis, il carattere o l’umore, la qualità della vita di una persona. A me basta spostarmi di duecento chilometri, a volte ne bastano anche solo quindici, per vedere il mondo con altri occhi, in un’altra prospettiva.
Andare in vacanza, nel senso di non lavorare, indipendentemente che vada da qualche parte o che rimanga a casa, per me significa in primo luogo ripulire gli occhi ed il cervello dallo squallore e dalla bruttezza Multipaesana, squallore fisico in prima battuta. Invece lo squallore e la miseria umana alle quali contribuisco mio malgrado è un argomento di tale vastità e spessore che non so se sono in grado di affrontare.
Ma se lo dicessi, se in Multipaesana parlassi del mio bisogno e fame di grazia e di bellezza mi staccherebbero la testa a morsi o mi guarderebbero come venissi da Marte. Non che non abbia mai avuto la consapevolezza di venire davvero da un altro pianeta.
Perché in questa quasi non spiacevole atmosfera pre-vacanziera non possono mancare i convenevoli di rito e le domande su dove si trascorreranno le ferie agostane, ed il più ganzo e colui che riscuote più ammirazione è sempre quello che andrà più lontano o nel posto più esotico e più in culo al mondo. Che importa se gli altri 330 giorni dell’anno te li fai tutti, tu e i tuoi figli, in quel cesso di Bernascate?
L’importante è fingere entusiasmo e condivisione per la scelta delle destinazioni in modo che nessun curios-pettegolo sia indotto a farsi i fatti altrui e ad indagare sul perché e sul percome delle proprie scelte sempre diverse dalle loro.
Intanto il tempo passa e qualcuno comincia a salutare: si ricambia con un entusiasmo ed un calore che non sta del tutto nelle proprie corde, ma oggi è una specie di vigilia di Natale e quindi volemose bbene. Poi il tizio spegne il PC e se ne va, il ronzio dell’aria condizionata si fa più evidente.
Quando arriva il proprio turno di lasciare il gabbio quasi non ci si riesce a credere dalla gioia, dal senso di libertà che ci sopraffà, come fosse per sempre e non per due ridicole settimane.
Anche se non si è stati concepiti né cresciuti come polli da batteria solo per essere produttivi e per arricchire centri commerciali ed una Multipaesana, un lustro di vita Multipaesana è più che sufficiente per trasformare un idealista, un ribelle ma innocuo libero spirito e libero pensatore in un automa decerebrato: in verità esisterebbero, se uno volesse anche solo prenderle in considerazione con un po’ di ottimismo ed audacia, altre ipotesi di vita.
Ma è proprio il tipo di vita che si conduce per tutto l’anno che impedisce il guardarsi dal di fuori, il porsi delle domande su quello che si è e quello che si fa, su quello che si vuole.
Allentando i ritmi e con una mente più libera dagli orari, dai riti, dagli obblighi multipaesani la mente vaga per territori sconosciuti ed inesplorati: questa è la parte di gran lunga migliore del distacco da Multipaesana.

Quando si spegne il PC per l’ultima volta ad agosto tutte le volte la sensazione è che un giorno potrebbe anche esserci un addio: purtroppo al terzo lunedì si è nuovamente in trincea col proprio nome di battaglia.

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1/8/13

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1 agosto 2013 · 20:05