Modalitá anni sedici. Ho scoperto da poco che andare a studiare in biblioteca é molto produttivo, come in anni oramai lontani hanno sempre sostenuto molti amici ed amiche contro la (mia) teoria dello svacco in posizione orizzontale che ho sempre preferibilmente praticato.
Così adesso in biblioteca ci vado ogni sabato mattina, con la mia bella borsa piena di cartacce, e grammatiche, e manuali: mi disciplina, mi da struttura, ma è una disciplina alla quale trovo piacevole sottostare. Più produttivo che studiare a casa, luogo pieno di distrazioni e tentazioni, come letto, divano, sacchetto dei biscotti del Mulino Bianco, altre letture, film, Internet, musica, penniche varie, un panino.
Non soffro, stranamente e sino ad ora, di fobie sociali (solo una forma di misantropia protettiva), però un paio di volte mi sono sentita scrutata ed osservata da dei ragazzetti. E ragazzette. Siccome sono stracerta che nessuno di loro mi vedesse come un possibile oggetto del desiderio credo si domandassero incuriositi cosa ci facesse la madre o zia di uno di loro con il vocabolario e la lingua di fuori a sottolineare, correggere, e ripetere a bassa voce pagine fitte di appunti e cancellature.
O forse era solo una mia impressione, sta di fatto che a volte me lo chiedo anch’io cosa diavolo stia facendo, e che visto dall’esterno sembra folle. Ma a me piace farlo, più di un sacco di altre cose che gli altri trovano interessante o divertente.
Che carini loro, i ragazzetti, collaudati movimenti felpati per fare il minimo rumore, praticamente muti, solo qualche bisbiglio, gli zaini e le borse piene di libri, parecchi con note book o IPAD, tutti con jeans e piumino.
Ho sempre sostenuto che una delle poche cose meritevoli di questa cittadina sia la biblioteca: oggettivamente bella sotto il profilo urbanistico ed architettonico, una villa padronale con un bel parco, qualche albero secolare, una struttura elegante già di suo poi intelligentemente convertita al nuovo uso, in posizione comoda e centrale, non impossibile trovare un parcheggio nelle vicinanze.
Un luogo che ho frequentato spesso, ma solo per ritirare libri o riportarceli, senza soffermarmi un secondo più del dovuto. Poi un sabato mattina dovendo riconsegnare e ritirare un tomo mi sono detta che avrei potuto fermarmi a studiare per qualche ora, e mi sono organizzata di conseguenza. Poi ho approfittato dell’occasione per fare un giro nelle sale, e mi è piaciuto tutto quello che ho visto.
Non sembra nemmeno di essere in Italia. Il luogo é curato, pulito, confortevole, gli addetti puntuali, gentili, disponibili e preparati, il comportamento quasi ineccepibile da parte di quasi tutti i visitatori di ogni età. Se ne ricava una sensazione più unica che rara di efficienza e di servizi offerti al cittadino, di cose che funzionano.
Ho potuto compilare un modulo per la richiesta di acquisto di due libri, anche se dubito verrà presa realmente in considerazione, e un questionario circa il gradimento del centro storico da parte della popolazione con invito a formulare eventuali proposte, e valutare operato di sindaco e giunta per le politiche e iniziative intraprese al riguardo. Niente di trascendentale, dovrebbe essere questa la normalità, ma non è male, qualche volta, sentirsi parte di una comunità che vuole migliorare, che chiede il mio parere, che ascolta o valuta le mie proposte.
Se avessi lo stesso ricordo dell’unico ospedale in cui sia mai stata ricoverata, e solo per una banale intervento, non avrei tutta la paura, il terrore, che ho delle malattie e di queste strutture, e di medici e infermieri.
Il secondo vantaggio di andare studiare in biblioteca é che andandoci a piedi faccio finalmente quattro passi, e che poi mi fermo a fare qualche compera da gente che sa cosa vende, servita e riverita e non trattata come un numero, nei pochi negozi di quartiere rimasti. Certi negozianti li conosco da quando ero piccola e li ho visti invecchiare, adesso sono molto anziani o non ci sono più, e ritrovo magari i figli, su per giù della mia stessa età, con qualche o molti capelli bianchi.
Il terzo motivo per cui a quest’abitudine del sabato mattina ci sto prendendo gusto é che vedere tutta quella gente di ogni età che maneggia e sfoglia libri, e non solo i ragazzetti che devono studiare per gli esami o per la maturità, e quindi per fini utilitaristici, che è una cosa assai diversa dal piacere e dalla curiosità di leggere, di esercitare e stimolare il pensiero, mi fa stare bene, anzi, mi fa sentire meglio. Mi da una speranza per il futuro, assieme ad altre piccole gioie quotidiane mi sorregge e sostiene di lunedì in venerdì.
Modalità novant’anni: confesso di essere una signora all’antica che pensa che il mondo potrebbe essere migliore se si leggessero più libri, e che una persona é, non solo ma anche, i libri che ha letto.
Poi deve essere una reazione all’imbruttimento e decadimento dell’anima che mi sembra di sperimentare ogni giorno sulla mia pelle. Io cerco di difendermi e di riscattarmi come posso. La vita lavorativa, alcune vite lavorative almeno, specie se aziendali, sono degli ingranaggi che stritolano. Volti, non so se programmaticamente o meno, ad annullare la personalità di un individuo e farne dei replicanti.
Può anche essere, naturalmente, che io esageri, ma mentirei se dicessi che non la vivo così. E per fortuna non sto in una di quelle enormi realtà molto molto strutturate e che un po’ conosco e dove la realtà, secondo me, è veramente quella. Penso che impazzirei, che già adesso poco ci manca.
Il quarto e per niente ultimo motivo é che andando e tornando dalla biblioteca passo davanti alla casa del cane più bello e simpatico del mondo e posso smanazzarmelo per mezz’ora se per caso non sta in casa e si trova a pascolare in giardino.
E non penso a lunedì, e poi c’è ancora domenica.